Camminare lungo via Michelino Tocci e via Ardizi e rivolgere lo sguardo al centro di Pesaro significa oggi vedere una città inedita, che difficilmente si ha occasione di vedere, se non dai residenti della zona: una città che si estende ampia con case e palazzi, tra la campagna e il mare, riempiendo tutto quello spazio che fino ai primi del ‘900 era libero da costruzioni, attraversato dai binari del treno. Bella l’immagine che ritrae il treno sbuffante nel 1905 lungo la piatta campagna con Pesaro sullo sfondo. La zona era il regno di rane e lucciole, “una cintura di georgica castità”, regno della lattuga e dei cavolfiori, i viali di platani e le stradine bianche, asfaltate negli anni ’70 del 1900.

Trovarono l’area  libera e strategica  anche le truppe piemontesi arrivate da Ancona,  di cui abbiamo parlato nella prima tappa. Qui in alto, il generale Cialdini e i suoi uomini si appostarono nel settembre del 1860 e lanciarono cannonate contro rocca Costanza, aiutando i pesaresi che volevano annettersi al Regno d’Italia.  Presso il museo e la biblioteca Oliveriana la foto di Marzetti, dell’esercito piemontese e la camicia rossa di Morselli. Belle le immagini che rappresentano il fulcro degli scontri, tra i fumi delle cannonate, i soldati a cavallo pronti all’attacco e i caduti lasciati a terra per la concitazione del momento. Sullo sfondo, ben visibile, Pesaro chiusa tra le sue mura.